#VenerdìPoesia n.5: Giovanni Raboni

Immagine: Giovanni Raboni fotografato da Leonardo Cendamo

Giovanni Raboni nasce a Milano il 22 gennaio del 1932. Si formò leggendo i grandi classici dell’800 e i suoi contemporanei, libri procurati con cura da Giuseppe, suo padre. Il giovane Raboni prediligeva soprattutto i francesi, tantoché, ancora oggi, una delle migliori traduzioni della Recherche di Proust resta la sua, così come per i Fiori del male di Baudelaire. Negli anni giovanili strinse sodalizi importanti e si inserì nel panorama intellettuale del dopoguerra divenendo presto uomo di cultura tout court; cinema, teatro, giornalismo (legatissimo al Corriere della Sera), letteratura: ma soprattutto c’era la poesia. Esordì nel ’61 e continuò l’attività scrittoria per tutta la vita fino al 2004, quando si è spento per un attacco cardiaco; il suo lavoro poetico è stato importante anche in qualità di talent scout, specie negli anni ’70 quando dirigeva la collana “I poeti della fenice” per l’editore milanese Guanda.
Le sue raccolte poetiche sono insignite di numerosi premi ed il corpus completo è edito da Einaudi in un doppio volume della Bianca; da cui, i seguenti componimenti.


Così a volte succede che nel buio
Si insanguini un volto, una mano
Ci implori – così c’è
Chi ignora e chi invece ha nel cuore
la comunione dei vivi e dei morti.


Quanti fossero i pioppi che importanza
può avere? So che c’erano, che adesso
non ci sono, che a volte m’è concesso
di vederli, immenso fruscio, sostanza

visibile al vento – e so che è ancora
questa la linea che separa da
catastrofi nere o abbaglianti la
grigia dolcezza del giardino. Sfioralo

con gli occhi, soltanto, il sipario, lascia
che di là vada come sai che è andata,
Che bruci la fabbrica bombardata
dalle fortezze volanti, che l’ascia

s’abbatte sulle betulle, che i morti
assassinino e perdonino i morti.


Niente sarà mai vero come è
vero questo venticinque dicembre
millenovecentonovantatré
con il suo tranquillo traffico d’ombre

per corsie e sale e camerate ingombre
di vuoto e il fiume dei ricordi che
rompe gli argini in silenzio. È in novembre,
lo so, vuoi che non lo sappia? per te

che si semina dolore, il più forte,
il più contro la vita – ma se viene
solo ora al suo compimento di morte

e di lì a un’altra nascita conviene
far festa qui, bruciare qui le scorte
di incenso e febbre al turno delle pene.


Le tre poesie provengono dalla raccolta “Quare Tristis” contenuta in “Giovanni Raboni – Tutte le poesie 1949-2004” (Einaudi 2014, 548 pagg., 25€)



Di Veronica Nerozzi

 

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