Un altro attentato ai libri

“Nascono i Distillati: un’occasione senza precedenti per goderti il meglio della narrativa italiana e internazionale in meno della metà delle pagine dell’originale, ma senza perderti nulla. Distillati infatti, non riassunti!”
(Dal sito http://www.centauria.it)


Non erano bastate le domande impertinenti di tua zia su situazione universitaria e sentimentale, per farti andare di traverso anche l’ultimo pezzo di pandoro c’è questa meravigliosa notizia.
Arrivano in edicola i Distillati, un prodotto Centauria (Fabbri), che promettono di farvi godere i migliori bestseller nel tempo di un film. Il romanzo di presenta non riscritto, non riassunto, ma tagliuzzato qua e là, privato di episodi non fondamentali, per rendere più scorrevole e veloce la lettura.
Insomma non bastava che venissero pubblicati una serie di libri di dubbio gusto la cui esistenza violenta il concetto di libro, si è passati a violentare il libro stesso, trattandolo come un filmino delle vacanze di cui si vanno a tagliare a proprio piacimento le parti meno avvincenti.

distillati centauria

L’inserto pubblicitario

Mi chiedo come un autore possa permettere che la propria opera, frutto penso di fatica e soprattutto proveniente da un lavoro editoriale che si è già occupato di togliere, aggiungere e riorganizzare i contenuti, venga lasciata alla mercé di qualcun altro che decide, di fronte a un’opera compiuta ed edita e non ad un manoscritto, ciò che è bello e degno di essere letto, e ciò che invece va cestinato.
Mi chiedo come si possa proporre questo prodotto come un’equivalente dell’originale quando non lo è affatto, perché molto spesso sono gli accidenti, le descrizioni, gli episodi secondari a fare molto in un romanzo, soprattutto per un giudizio estetico.
Sebbene esistano dei libri, anche molto simpatici, di racconti brevi da leggere in gabinetto, o libri dedicati a vari momenti della giornata, in cui fa gioco forza la brevità dei racconti (ricordo simpaticamente “Romanzi in tre righe” di Félix Fénéon), dobbiamo essere in grado di riconoscere le differenze: quei libri sono pensati nella loro brevità, sono pensati per accompagnare il lettore occasionalmente e per poco tempo, qui ci troviamo davanti a dei libri che vengono accorciati successivamente per invitare alla lettura, quasi a darci l’impressione che lo scrittore si sia dilungato troppo, come se sia lecito a qualcuno porre un limite.
Così facendo si contribuisce sempre di più a cambiare l’idea di lettura, che diventa sempre più qualcosa di limitato, che si può consumare nei ritagli di tempo, in cui non si ha di meglio da fare. Si va perdendo l’idea del libro che cattura e che ruba tempo al resto, del libro che coinvolge e da cui si fa fatica a staccarsi.
Il prodotto libro finisce sempre di più per piegarsi ad una schiera di lettori dalla vita frenetica e piena con piccoli buchi da riempire.

Ormai non ci è nuovo che le case editrici (se così possono essere definite) continuano a ricercare stratagemmi per vendere e per guadagnare sopra prodotti di qualità bassa e sopra idee che annichiliscono e uccidono il piacere della lettura. L’importante ormai sembra essere lanciare un prodotto sempre più ridotto (di qualità, dimensioni, prezzo) purché si venda, a qualsiasi condizione.
Constatato questo si può solo pensare che il dialogo con queste industrie sia inutile e non resta che rivolgersi ai consumatori, perché mi aspetto che un lettore, qualcuno che legge per piacere e non per noia, non vada a cadere nella trappola proposta.
L’invito alla lettura è importante, ma è anche importante l’invito alla non lettura. Se si devono leggere libri a metà, pezzi di libro, collage di libri, meglio vedere un film, un buon film, che sicuramente lascerà molto di più.



Di Federica D’Angelantonio

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